L’approccio psicologico del bambino e la lezione di sci
di Raffaella Ghirarduzzi
Maestra di sci, Allenatore Federale con Specializzazione IV livello europeo, Istruttore Nazionale
Affinché la lezione di sci sia produttiva, sana ed efficace, genitori e maestri devono essere convinti che IL BAMBINO NON E’ UN ADULTO IN MINIATURA.
L’insegnante maestro/allenatore e il genitore, devono collaborare alla crescita globale del ragazzo con una formazione che non si limiti a farlo scendere più veloce di altri o fare le piste nere, ma che sappia valutare non solo tutti gli aspetti tecnici, energetici, emotivi e coordinativi, ma anche tutte le variabili esterne caratteristiche dello sci e saper sfruttare i positivi effetti psicologici che questo sport produce, soprattutto in età evolutiva.
E’ di fondamentale importanza l’aspetto ludico della lezione; sappiamo come il gioco sia importante per il bambino, perché GIOCANDO egli esplora e costruisce i futuri apprendimenti, non percependo il valore dello sforzo prolungato. Il gioco è per lui divertimento e conoscenza, è il motore dell’apprendimento.
Effetti positivi e negativi dello sport
Nella mia lunga esperienza di maestra di sci a Campo Felice ho avuto modo di maturare e verificare alcuni aspetti molto importanti, che ci tengo a sottolineare in quanto frutto di esperienza diretta.
Innanzitutto lo sport sano stimola la socializzazione e la cooperazione tra il bambino e i suoi compagni, e tra il bambino e gli adulti di riferimento (maestri, accompagnatori, allenatori). In questo modo, favorisce lo sviluppo del senso d’identità dell’immagine di sé. Insegnando a definire e a raggiungere obiettivi, favorisce l’apprendimento del rapporto tra l’impegno profuso e il risultato raggiunto e rinforza nel bambino il senso di efficacia personale. Stimola la costituzione dello schema corporeo e lo sviluppo della lateralizzazione, dell’organizzazione spazio-temporale, del ritmo. Incrementa la sicurezza di sé e l’autostima attraverso l’esecuzione di esercizi, il superamento di prove, il confronto con i propri pari età e i feedback forniti dall’insegnante. Sviluppa la capacità di gestire la frustrazione, cioè di ritardare (al momento più opportuno) il soddisfacimento dei propri bisogni. Nella sua qualità di gioco fortemente regolamentato, lo sport permette l’acquisizione di regole, in modo semplice e progressivo, attraverso un’attività ludica condivisa.
Purtroppo però “lo sport può anche far male, soprattutto in età evolutiva”.
La maggior parte dei problemi o dei rischi, provengono dalle figure di adulti che, in ambito sportivo, interagiscono con il bambino. Maestri, tecnici, allenatori non adeguatamente preparate al ruolo, possono, con atteggiamenti inadatti, limitarne il livello di piacere e di motivazione, allontanandolo dalla pratica dell’attività sportiva. Un altro rischio è rappresentato da metodi didattici e di allenamento che lo sottopongono a carichi di lavoro non a “misura di bambino”, privandolo spesso della possibilità di gioco e divertimento. Pur riconoscendone il ruolo fondamentale, spesso i genitori attuano meccanismi psicologici che finiscono con il danneggiare il bambino, caricandolo di responsabilità e attese incongruenti; può avvenire che si relazionino al bambino come se fosse un “adulto in miniatura” o che si proiettino su di lui le proprie aspirazioni e il proprio desiderio di affermazione, trascurando quelli che sono i suoi bisogni e le sue aspirazioni. Tutto ciò avviene prevalentemente in modo inconsapevole. Per ottimizzare una lezione di sci, insegnanti tecnici e genitori hanno il dovere di considerare il bambino l’attore principale della lezione nel rispetto dei bisogni caratteristici della sua età.
Il protagonista della lezione
Durante le mie lezioni ho appreso quanto sia importante far sentire lui, “il bambino”, il vero protagonista. L’adulto è lo strumento mediante il quale il bambino scopre ed esercita le sue abilità, nel modo più naturale possibile.
Ogni bambino è un individuo unico e irripetibile ed in continua evoluzione. E’ abbastanza chiaro come certe fasce di età abbiano in se delle caratteristiche comuni da tenere in considerazione nel rispetto di una crescita globale e duratura. In psicologia molti autori hanno studiato le tappe evolutive basti pensare a Freud, Piaget, qui per semplicità cercherò di riassumere in funzione anche di quello che abbiamo scritto nel testo Ufficiale dell’insegnamento dello sci in Italia “Sci Italiano 2004”.
Il bambino prima dei cinque anni
Il bambino non ha difese razionali ed è padroneggiato dalle emozioni, bisogna quindi crearne di positive per evitare che abbandoni fin da subito lo sci. A questa età può verificarsi la paura dell’abbandono (mammismo), in questo caso i genitori vicino al campo scuola possono tranquillizzarlo rendendo la lezione più efficace. Al contrario il bambino che ha bisogno di soddisfare le aspettative di mamma e papà, la vicinanza dei genitori può renderlo ansioso ed è meglio che siano vicini, ma non visibili. Non aspettiamoci in questa fascia di età un lavoro di socializzazione esasperato, ci troviamo di fronte ad un bambino individualista tutto intento a scoprire il suo mondo, ha quindi una difficoltà naturale a socializzare. Le lezioni di sci meglio se fatte individuali che in collettiva a meno che la stazione non abbia una struttura idonea tipo Kindergarten nella quale il bambino può esprimersi tra gnomi, folletti personaggi dei cartoni animati. Il mondo è magico per questa fascia di età, il bambino apprende volentieri se vive nel mondo della fantasia; per un percorso di apprendimento idoneo e per avvicinare i piccoli alla conoscenza dello sci, il Kindergarten, insieme alle capacità del maestro, è il luogo adatto. A questa età l’apprendimento è per imitazione, le spiegazioni tecniche e monologhi da parte dell’insegnante servono a ben poco. Saper comunicare ed entrare nel suo mondo è cosa fondamentale come pure essere in grado di rispettare i tempi di apprendimento. Può essere che dopo varie ore il piccolo non abbia appreso neanche lo spazzaneve, ma non è assolutamente la tecnica che dobbiamo mettere al primo posto.
Il bambino tra i cinque e i sette anni
A questa età il Corpo inizia a essere percepito e si hanno più riferimenti spaziali, destra sinistra alto etc. Il bambino è molto meno individualista e pronto alla socializzazione, al confronto. Il confronto con gli altri deve essere guidato a suo favore ma spesso questo non avviene. Mi capita di spiegare ai genitori l’importanza di un giorno in più nel campo scuola che salire sulla seggiovia, ma non sempre comprendono il significato! Bisogna valutare la cosa in profondità! Il bambino di questa fascia d’età, è motivato e stimolato dalla riuscita del compito. Se non riesce, ha la tendenza ad abbandonare è quindi importantissimo che gli esercizi siano appropriati alle sue capacità, che sia gratificato per quello che riesce a far bene, senza discriminare il negativo.
Il bambino tra i sette e i dieci anni
La crescita permette a questa fascia di età ad avere una migliore rappresentazione del proprio corpo in movimento, questo permette una maggior motivazione e ad avere una coordinazione migliore quindi una miglior capacità ad apprendere le tecniche. Approfittare di questo periodo per insegnare la tecnica, i salti, il superamento delle gobbe, l’adattamento a neve e condizioni diverse. tra l’altro è motivato dalla scoperta e dall’avventura. Un insegnante con conoscenze tecniche approfondite e che sa cogliere questi aspetti psicologici avrà la possibilità di far migliorare il proprio allievo in poco tempo.
I bambini di questa fascia d’età, tendono a socializzare molto tra di loro, però anche a litigare! Pertanto è molto importante stare attenti alle dinamiche di gruppo.
Il bambino in Pre adolescenza 11-13
Fascia di età variabile tra ragazzi di sesso femminile e quella maschile. E’ l’età che porta dalla fanciullezza all’adolescenza. È caratterizzata da un cambio strutturale del bambino, iniziano le modificazioni fisiche, determinate dagli ormoni. Ci troviamo davanti a bambini che sembrano grandi, ma in realtà pensano ancora da bambini. Se il cambiamento è molto veloce, può dare delle insicurezze. E’ possibile notare una regressione nella tecnica, ma è data dal cambiamento repentino; la bravura è cercare immediatamente stimoli per permettere un adattamento veloce alla situazione. Dialogo e consapevolezza di quel che succede tranquillizza sicuramente genitore e allievo.
I Diritti del Bambino nello Sport
Per terminare questo mio sintetico articolo aggiungo un vademecum sui Diritti del bambino con la speranza che possa aiutare noi tutti a rispettare i nostri piccoli amici.
Diritti del Bambino nello sport
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- Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino
- Diritto di fare dello Sport
- Diritto di beneficiare di un ambiente sano
- Diritto di essere trattato con dignità
- Diritto di essere circondato di persone qualificate
- Diritto di seguire allenamenti adeguati ai propri ritmi
- Diritto di misurarsi con giovani che abbiano la stessa probabilità di successo
- Diritto di partecipare a gare adeguate
- Diritto di praticare Sport nella massima sicurezza
- Diritto di avere tempi di riposo
- Diritto di NON ESSERE UN CAMPIONE